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Inquinamento nei mari e nelle spiagge: facciamo un po’ di chiarezza

0808/Sat/22222222 admin 0 Comments

Con l’arrivo delle vacanze e il conseguente popolamento delle spiagge, ogni anno si ripresenta il problema derivante dai rifiuti plastici abbandonati in mare.
Si tratta di un argomento molto complesso, che spesso viene trattato con una certa superficialità, senza considerare quali sono i veri fattori di rischio.
Con questo articolo vorremmo fare un po’ di chiarezza sulla questione, proprio perché ci sembra giusto divulgare una corretta informazione sul reale stato delle cose.

Inquinamento dei mari: le cause principali

Ad alcuni potrebbe sembrare una ovvietà ma la prima e più importante causa della dispersione dei rifiuti nell’ambiente (mari, oceani e terraferma) è l’uomo. Questo concetto così semplice in realtà ci riporta a una fortissima assunzione di responsabilità: qualsiasi rifiuto che vediamo nelle spiagge e nei mari (o per strada) è stato messo lì da un consumatore che ha deliberatamente deciso di disperderlo nell’ambiente anziché gettarlo nei contenitori predisposti.
Quindi una delle prima soluzioni al problema dei rifiuti nei mari e nelle spiagge è lavorare sull’educazione e sulla sensibilizzazione delle persone. Per molti, troppi anni, è stato sottovalutato il problema della dispersione dei rifiuti..vi ricordate che negli anni ‘80 c’era la moda di gettare spazzatura od oggetti dai finestrini delle auto? Era un comportamento cool, che enfatizzava la spensieratezza di quegli anni ma cosa direbbero oggi gli ambientalisti?

Inoltre, le spiagge, anche quelle più turistiche, non sono sempre (anzi quasi mai!) dotate di contenitori adatti alla raccolta dei rifiuti. Per cui per molte persone la soluzione più semplice rimane quella di lasciarli lì o disperderli nell’ambiente. Mancano quindi strutture idonee e diffuse alla raccolta dell’immondizia e alla sua differenziazione, altro aspetto su cui i Paesi e i governi dovrebbero lavorare.

Un altro decisivo fattore che provoca l’inquinamento nei mari e nelle spiagge sono i pescherecci. Ebbene sì: circa la metà dei rifiuti che popolano le nostre acque marine è composta da reti da pesca e altri oggetti derivanti da attrezzature come corde, trappole e polistirolo, materiale utilizzato ampiamente nel settore. Secondo una recente ricerca di Fedagripesca-Confcooperative, se la flotta da pesca italiana portasse a terra tutti i rifiuti che ogni giorno rimangono impigliati nelle reti, in 10 anni il mare verrebbe ripulito da 30mila tonnellate di rifiuti (Fonte: ANSA).

Non solo, anche navi da crociera o turistiche rappresentano un importante motore inquinante. Alcuni studiosi hanno monitorato per decenni la situazione rifiuti di un’isola remota dell’Oceano Atlantico. Fino agli anni ‘80 provenivano prevalentemente dalla terraferma, trasportati dalle correnti marine. Negli ultimi anni invece gli oggetti rinvenuti sono di produzione molto recente, in particolare bottigliette PET prodotte in Asia e molto utilizzate anche dai marinai. Questo conferma che spesso le navi e le imbarcazioni vengono svuotate (probabilmente per creare più spazio) e i rifiuti gettati direttamente in mare.

Solo plastica nei mari e nelle spiagge? Sfatiamo qualche mito

Quando si parla di inquinamento delle spiagge si fa quasi sempre riferimento alla plastica intesa come sacchetti, cannucce e bottiglie. Ma è davvero così? Non proprio. Secondo una ricerca condotta in Brasile tra gli oggetti antropogenici (ovvero prodotti dall’uomo ma che rischiano di mutare la natura) che dominano le spiagge, quello composto da plastica e che si trova in misura largamente maggiore rispetto ad altri sono i mozziconi di sigarette, il cui filtro è costituito da un involucro di carta e da acetato di cellulosa, una plastica di derivazione naturale. Seguono poi avanzi di cibo e bastoncini in legno.

Un altro mito da sfatare è il comportamento di Paesi industrialmente avanzati come Europa e Stati Uniti che vengono spesso ritenuti tra i principali responsabili a livello di inquinamento globale. Per quanto riguarda il settore delle materie plastiche, è sì vero che Europa e Stati Uniti sono tra quelli che producono più plastica su scala mondiale ma è altrettanto vero che sono anche tra quelli che ne riciclano di più. Quindi non dovremmo forse dare maggiore attenzione a quei Paesi, come Cina e India che non gestiscono adeguatamente i rifiuti plastici, risultando quindi tra i principali responsabili dell’inquinamento ambientale?

Infine, fortunatamente la situazione delle spiagge sta lentamente ma costantemente migliorando. Il picco di livelli di inquinamento è stato raggiunto negli anni 2000 per poi iniziare a diminuire. Secondo un rapporto OSPAR, in particolare tra il 2010 e il 2015 il livello di inquinamento delle spiagge si è abbassato notevolmente e la tendenza alla diminuzione rimane costante.

Quali azioni sono possibili per migliorare la situazione?

Come abbiamo anticipato nell’introduzione, il problema dell’inquinamento di mari e spiagge non è di facile e veloce soluzione. E siamo anche certi che si dovrebbe agire su svariati fronti. Inoltre, il nocciolo della questione non è il materiale in sé: ci sono diversi tipi di polimeri che, a seconda della loro composizione, possono essere riciclati infinite volte e permettono di ridare sempre nuova vita al prodotto.
Di certo, la vera svolta si avrebbe se tutte le persone (o perlomeno la maggior parte) adottassero un comportamento corretto ed evitassero la dispersione dei rifiuti e non ci riferiamo solo alla plastica. Non è affatto un concetto scontato: la più grande rivoluzione in termini di miglioramento dell’ambiente dovrebbe partire proprio correggendo i comportamenti scorretti. In che modo? Bisogna agire a livello di sensibilizzazione globale e diffusione di una cultura veritiera, sensata e che affronti la questione alla radice. E tale sensibilizzazione dovrebbe passare anche per tutti i soggetti coinvolti (vi ricordate i pescherecci?) e i governi dei singoli Paesi. E bisogna anche punire maggiormente i trasgressori: dai produttori ai consumatori, fino alle stesse nazioni, probabilmente se le conseguenze di tali comportamenti fossero più alte, anche certi comportamenti sarebbero inibiti o ridotti.
Infine la tecnologia e la ricerca: è fondamentale che tutti i governi e le aziende coinvolte in questo settore continuino a investire nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie e materiali che siano sempre più eco-friendly.

Cosa fa Teamplast per rispettare l’ambiente?

Noi di Teamplast non ci stanchiamo di cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica e i nostri più diretti stakeholder sul corretto utilizzo delle materie plastiche e già da molti anni utilizziamo polimeri che sono riciclabili al 100%. Spesso produciamo articoli anche utilizzando plastiche pre-consumo, ovvero che derivano da scarti di lavorazione industriale e tutto il processo produttivo è volto alla riduzione dei rifiuti e piuttosto al riutilizzo dei materiali dopo il loro smaltimento. Abbiamo dotato ogni reparto di zone per lo smaltimento dei rifiuti, conferiamo carta e cartone di scarto ad aziende specializzate per il recupero, così come anche alcune tipologie di plastica che non riusciamo a recuperare e riutilizzare al nostro interno. Abbiamo abbandonato gli stracci usa e getta e ci affidiamo a partner affidabili che lavano quelli sporchi e ce li restituiscono puliti, in modo da evitare la creazione di ulteriori rifiuti. Facciamo recuperare vari liquidi di produzione del reparto stampa, così come i pochi oli che derivano dallo scarto dei macchinari.
Da diversi anni abbiamo dotato i nostri stabilimenti di impianti fotovoltaici e ottimizziamo i viaggi con i nostri mezzi di trasporto grazie a una migliore gestione degli spostamenti.

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